Dal testo di Cherubino Ghirardacci, Della Historia di Bologna, pubblicato a Bologna nel 1596 leggiamo:
1214: Questo istesso anno in Bologna si cominciarono a fare le celle sotterranee per conservare i vini e altre cose necessarie all’uso di casa, e con questa commodità le case dei cittadini si allargarono, disoccupandosi da molti impedimenti che prima le rendevano difformi, e da queste Celle o Tuate i primi che le fabbricarono hebbero in perpetuo il cognome dalle Tuate. E si legge che la prima che si facessef fu appresso dove hora è la larghezza, che Salicata di strà Maggiore si chiama, e poi nella via che va dal borgo della Paglia al Mercato: la quale anco al presente dalle Tuate è detta.
Nell’area verde del Giardino è presente l’edificio di un’antica ghiacciaia detta anche neviera o conserva da neve. È un edificio a forma circolare a sezione tronco-conica.
La pianta circolare rappresentava una buona soluzione statica per contenere la spinta del terreno sulle superfici perimetrali della ghiacciaia.
La posizione in prossimità della Fossa Cavallina è strategica per predisporre un opportuno sistema di drenaggio evitando che le acque di scioglimento stagnassero a contatto del ghiaccio. L’orientamento è a Nord: in questo modo durante il periodo estivo l’accesso alla ghiacciaia era protetto dai raggi solari.
Allo scopo di evitare che la temperatura esterna o i raggi solari o la pioggia potessero mettere a rischio la conservazione del ghiaccio, l’edificio è coperto da una cupola in muratura. Inoltre per potenziare la coibentazione della copertura, la ghiacciaia è stata coperta con uno strato di terreno naturale, formando la caratteristica collinetta. Un bell’albero di Quercus robur (chiamata comunemente Farnia o con termine dialettale Rovla) è rimasto solitario a sorvegliare dall’alto il piccolo ingegnoso edificio.
Si tratta quindi di una vera e propria cella frigorifera, appositamente realizzata in muratura, dove la neve ammassata e pressata si trasformava in ghiaccio, per la conservazione delle derrate alimentari.
Disegno di G. Cassani (1733)
1. pre-cella di ingresso ed introduzione neve
2. cella frigorifera
3. deposito della neve, una scala permetteva di scendere nel fondo per le operazioni di pulizia
4. botola superiore
5. pozzetto di raccolta delle acque di fusione con sistema di drenaggio sotterraneo
Il ghiaccio naturale era ricavato dai ghiacciai perenni ritagliato in blocchi e trasportato nei luoghi di utilizzo. In Italia, le prime e più importanti fonti di approvvigionamento
furono le Alpi, dalle quali si rifornivano i grandi centri della pianura padana. Nell’Appennino, invece, il ghiaccio era ottenuto facendo ghiacciare appositamente l’acqua dei fiumi come il Reno. Nella pianura e nelle colline, dove le temperature erano meno rigide, il freddo era ottenuto utilizzando la neve ammassata durante l’inverno.
Nel lavoro di ricerca “Cuore freddo di Bologna”, svolto da un gruppo di sei architetti bolognesi, con l’obiettivo di censire, recuperare e valorizzare le antiche ghiacciaie nel territorio di Bologna e della sua provincia, della ghiacciaia di via Savioli non troviamo traccia. Riportiamo una breve descrizione del progetto pubblicata su “Il Corriere di Bologna” nel 2015:
Le ricerche bibliografiche e i sopralluoghi effettuati hanno permesso di verificare l’esistenza di circa 60 manufatti, di cui solo 13 utilizzati: 9 di proprietà privata, 4 pubblica. Tra le ghiacciaie più celebri c’è quella di Villa Spada, custodita nel Museo della Tappezzeria, e quella di via del Giorgione, visibile dalla strada.
Possono essere seminterrate o totalmente sotto terra, come la ghiacciaia di Villa Bernaroli a Borgo Panigale, di proprietà del Comune. La tipologia più diffusa è però costituita da un manufatto autonomo, non inglobato all’interno dell’edificio principale. Generalmente sono formate da un ambiente di forma circolare con una copertura a volta a cui si accede da un vestibolo. Di questa tipologia è la ghiacciaia di Villa Lambertini-Mattei (residenza estiva del Cardinale Prospero Lambertini, poi divenuto papa Benedetto XIV) in via Bertocchi, salvata da un volenteroso gruppo di condomini di un palazzo adiacente che si è unito nell’associazione «Salviamo la ghiacciaia» e ha speso 100 mila euro per evitare che l’antica architettura venisse trasformata in un’improbabile villetta.
Le ghiacciaie in realtà sono per lo più conserve di neve nate intorno al Settecento e abbandonate nel primo dopoguerra con la diffusione dei frigoriferi domestici. Architetture preziose che con il passare degli anni hanno svolto altre funzioni (durante la guerra sono state usate come rifugio), poi sono caduti in disuso, spesso in stato di abbandono. Alcune sono rinate trasformandosi in enoteche, sale conferenze, sale lettura o per i ristoranti, come quella dell’Hotel I Portici che faceva parte del complesso della Rocca di Galliera o Castello dei Papi, oggi destinata a cene private.